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I modchip sono illegali

E’ tutto chiaro, almeno fino alla prossima sentenza: modificare o porre in vendita apparecchi idonei a modificare una console come la Playstation o Nintendo DS è reato. A sancirlo è stata ancora una volta la Suprema Corte di Cassazione che, ribadendo un concetto già chiarito nel 2007, ha stabilito che vendere i cosiddetti modchip per le console integra il reato previsto dall’articolo 171 ter, 1° comma lettera f-bis) della legge sul diritto d’autore. In particolare si tratta, per espresso rimando, della violazione dell’articolo 102 quater della legge sul diritto d’autore, il quale legittima il titolare dei diritti di sfruttamento dell’opera a proteggere l’opera stessa da utilizzi abusivi mediante l’adozione di misure tecnologiche. Più in generale è stata dichiarata l’illiceità dei dispositivi (tutti) che hanno come scopo principale o prevalente la rimozione o l’elusione delle misure tecnologiche di protezione dei videogiochi.

Ma, a dire il vero, la Corte di Cassazione è andata anche oltre stabilendo che le misure di protezione predisposte dalle case produttrici di videogiochi e sistemi hardware possano essere tutelate contro la rimozione e l’elusione anche se le stesse sono apposte non solo sulle opere creative da proteggere, bensì direttamente sulle console. In parole povere si tratta di modificare il funzionamento della macchina in modo tale che possa eseguire quei processi che il produttore ha inteso escludere. Così sbloccare un videogioco dai cosiddetti DRM (Digital Right Management) o neutralizzare il blocco del sistema hardware in modo tale che possa leggere qualsiasi contenuto digitale diventa condotta penalmente rilevante ai sensi dell’articolo 171 ter, 1° comma lettera f-bis) il quale prevede una una sanzione penale che arriva fino a 3 anni di reclusione. Al di là poi del nome che si vuole dare a questi apparecchi o strumenti elusivi, cosa conta è la loro funzione principale e/o prevalente, ossia la capacità di bypassare e neutralizzare la volontà del titolare dei diritti di sfruttamento economico che è appunto quella di limitare l’utilizzo della console. Tali strumenti, dunque, possono essere apparati hardware da applicare direttamente alla console (come del resto i modchip) oppure modifiche che intervengono sul firmware.

Detto ciò, occorre diversificare due posizioni. Vendere e/o modificare direttamente una console da parte di negoziante integra il reato di cui si è parlato anche perché tutto ruota intorno al concetto di ‘fine di lucro’ che per orientamento giurisprudenziale consolidato si tratta di tangibile aumento patrimoniale direttamente connesso alle operazioni di vendita o modifica. Discorso un po’ diverso per il privato che compra il ‘modificatore’ per utilizzo personale: in questo caso a rigor di norma non sarebbe presente il fine di lucro per cui mancherebbe un elemento essenziale per la sussistenza della condotta delittuosa

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